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sabato 5 febbraio 2011

GENI DEI NUMERI, DISTRATTI IN AULA. Cosa Fare se il Figlio è Troppo Intelligente

L'INIZIATIVA

Geni dei numeri, distratti in aula

Cosa fare se il figlio è troppo intelligente

Alla Bocconi di Milano è nato il network Ulisse, una rete di protezione per i piccoli superdotati.
Spesso etichettati come "iperattivi" si isolano spesso dagli altri. "Hanno una marcia in più rispetto agli altri, ma bisogna saperli riconoscere"

di VERA SCHIAVAZZI

MATTEO ha 6 anni e in prima si annoia, del resto lui sa già leggere e scrivere (ha imparato da solo sulle insegne dei negozi e i manifesti pubblicitari) e in classe "non sa cosa fare". Giulia ne ha 13 e comincia a collezionare brutti voti: non sta attenta, non fa le ricerche in gruppo, non partecipa alla vita della classe. E se fossero troppo intelligenti o, semplicemente, più intelligenti degli altri?
E soprattutto in modo diverso? Oggi a Milano, all'Università Bocconi, si tiene a battesimo il network Ulisse, la rete "di protezione" per tutelare la diversità di questi bambini dalle diagnosi sbagliate (e dalle cure conseguenti, a volte anche farmacologiche). Spesso infatti questi piccoli vengono etichettati come "iperattivi" che disturbano compagni e professori. Il seminario servirà a raccontare storie come quella di Vincenzo Iozzo, oggi ventenne, il ragazzo plusdotato che cinque anni fa diventò famoso per aver cracckato l'iPhone, oggi consulente informatico deciso a restare in Italia: "Avere doti sopra la norma può essere un problema perché spesso si hanno interessi molto diversi da quelli degli altri, ma ho sempre risolto il problema frequentando due gruppi di amici: con quelli di lunga data, gli stessi che mi aiutavano a scuola perché ero sempre distratto, faccio le cose che sono normali per la mia età e con gli altri, i colleghi, mi confronto sul lavoro". Spesso, i talenti dei "plusdotati" sono specifici e difficili da riconoscere: è il caso della statistica, della matematica, della logica. "Si tratta di studenti che hanno una marcia in più o delle potenzialità che la scuola non riesce a tirar fuori, veri e propri talenti che andrebbero riconosciuti e gestiti come tali", spiega Maria Assunta Zanetti, docente di psicologia dello sviluppo e dell'educazione all'università di Pavia, che da anni lavora con gli insegnanti e gestisce da anni casi di disaffezione scolastica.

Ma c'è anche chi gioca a scacchi da campione, chi scrive in versi e chi sa leggere la musica senza averla mai studiata, ed è proprio questa pluralità che rende difficile - per chi non ha imparato a farlo - "riconoscere" questi bambini. La loro diversità si manifesta precocemente, ma se non viene individuata può accompagnarli lungo tutta la carriera scolastica, spesso provocando difficoltà a loro e preoccupazione a genitori e insegnanti: per questo l'Aistap (www. aistap. org), l'associazione italiana di psicologi, educatori e famiglie che se ne occupa, propone corsi di formazione per chi lavora nelle scuole e criteri di base, gli stessi adottati in tutta Europa, per stabilire chi rientra in questa categoria. A differenza dei loro coetanei, i bambini "troppo intelligenti" non hanno bisogno di ripetizioni multiple, e una volta intuito un concetto "spengono" la loro attenzione e la dedicano a altro. Se sono fortunati, almeno un adulto intorno restituisce loro un messaggio di accettazione, apprezzamento e empatia.

Altrimenti, la loro condizione assomiglia a quella di Gaspare, lo struggente ragazzino protagonista di "Una barca nel bosco" (il romanzo di Paola Mastrocola che nel 2004 vinse il Campiello): per lui, che vive in un'isola del Sud, arriva una professoressa capace di riconoscerne le doti, che convince i genitori a fargli frequentare un liceo torinese. Peccato che quando chiede di poter fare una versione in latino il professore gli risponde "forse più in là", mentre quando studia con passione Verlaine ottiene l'insufficienza in francese perché l'interrogazione è troppo facile.

"Non chiediamo certo scuole differenziate come si usava un tempo per i bambini diversamente abili - spiega Anna Maria Roncoroni, psicologa, tra le fondatrici del nuovo network - Piuttosto, vogliamo offrire agli insegnanti e alle famiglie gli strumenti per capire, e dare quindi a questi ragazzini la possibilità, dentro e fuori le aule, di usare al meglio le proprie doti, e di non indirizzarle contro di sé o venire curati per malattie che non hanno come spesso accade".

Link articolo: repubblica.it


Interessante.

Chissà quanti bambini, oppure, adolescenti, sono stati, come minimo "indirizzati", ad abbandonare gli studi in quanto, non compresi nelle loro potenzialità dai vari docenti di turno.

Chissà, veramente...quanti.

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